Buonasera e ri-ri-benvenuti!!
A parte la pioggia mentale e le insidie sottoforma di umani maleducati di stamattina mi sento meglio.
Primo, ho mangiato una lasagna di asparagi buonissima e ho letto quando ho potuto il libro "Ultimamente mi sveglio felice" di Lisa Corva che recensirò in seguito, quando l'avrò finito, ma per adesso mi piace, arzigogolato e pieno di glimmers e barlumi di morbidezza che sembrano traduzioni del mio cuore. Questi sono i miei glimmers, appunto; per spiegarvi meglio, vi lascio qui una definizione che ho trovato su internet: il termine "glimmers" in realtà non è nuovo, ma viene utilizzato da sempre in psicologia. Si oppone infatti a triggers, ossia ai fatti che scatenano e innescano dei ricordi particolarmente traumatici e dolorosi, provocando sensazioni negative. I glimmers dunque sono quelle piccole cose che permettono di attivare delle sensazioni piacevoli e che ci fanno sentire al sicuro.
Esattamente! Quindi oggi, cioè stasera, parleremo di glimmers.
E non di triggers che mi sono stufata e funzionano come le sabbie mobili: più ci si cerca di svingolarci da essi e di sgattaiolare via, più ti prendono con forza e ti portano giù. Un pò come quel bambino saputello del Polar Express che si attacca alle gambe dei protagonisti nascosti nel sacco dei regali. Sì, sono sicura che tutti hanno visto il film, davvero un glimmer e toccasana invernale e natalizio! Quindi come dicono i miei genitori (che cavolo hanno sempre ragione), devo smettere di parlare di triggers e invece di concentrarmi sui miei stra-importantissimi glimmers!
Insomma i quadrifogli di cui parlavo nel mio primo blog.
Mi sono sentita entusiasmata e curiosa di incontrarli, accesa da una scossa di adrenalina, un piccolo glimmer che è passato luminoso e fresco al cervello come una granita ghiacciata bevuta troppo in fretta.
E ho deciso di parlarci, malgrado la mia paura della gente. Si sono scoperti essere molto tranquilli e disponibili, facendomi sapere che c'erano stati gli attori protagonisti di mattina e li avevo persi per un pelo, e che avrei anche potuto chiacchierarci come conoscenti davanti ad un caffè, o magari un tè, che preferisco.
Il punto è che mi sono vista da fuori. Proprio come diceva il personaggio di Carlotta nel primo libro che ho recensito (continuo a capirlo vivendo situazioni simili alla protagonista Cristina), che bisogna vedersi da fuori per capirsi meglio e andare avanti con più chiarezza e un rigenerato ottimismo.
Ho sentito che davvero il posto in cui lavoro è un buco, neanche c'entrano le mie lacrime in quello spazio subdolo e vuoto, che non meritano di vedermi impresse sulle guance, per quanto è stretto. E c'è un mondo che mi aspetta là fuori, proprio come ha detto mia mamma ieri e oggi, e non ci credevo.
C'è un mondo per me che non pensavo esistesse.
Un mondo pieno di tranquillità, di rispetto anche per me senza chiederlo con le mani che mi tremano, e di piccole e toccasana parole e di piccole e morbide fusa.
Vi lascio questa apertura al mondo che merito, che meritiamo...




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