Gomitolo e Ciliegia sono i miei Smores.
Il primo è uguale ad un marshmallow leggermente cotto ed i biscotti che fanno da panino. La seconda è scura come il cioccolato fondente. Sono perfetti insieme. Ho appena deciso i loro cognomi: Gomitolo Marshmallow e Ciliegia Gocciola!!
Mi chiedo, dov'è il mio marshmallow un tantino cotto essendo io la cioccolata?
Io e i miei genitori salutiamo i piccolini e prendiamo le bici.
Passiamo per la strada che porta a sinistra, dove ci sono tante casette.
È davvero bellissimo il nostro nuovo paesino. Ogni casa è un pezzo unico.
Anche la nostra è speciale.
Mi sono coperta a dovere con delle calze e sopra di esse ho perfino messo dei pantaloni. Mi sento arrotolata nelle coperte mentre muovo i pedali con i piedi.
Tutto e tutti si preparano alla stagione dell'autunno dove gli animali vanno in letargo e anche un pò noi.
Sento le guance fredde insieme al naso e una voglia di raggomitolarmi nel letto con una tazza di tè.
È da tanto che non mi sistemo in camera mia a guardare una delle mie serie tv preferite con i miei batuffoli acciambellati sulle mie gambe.
Comunque, le prime luci del tramonto si dipingono sulle nuvole di cotone e il buio comincia a diventare il protagonista. Stasera c'è la sagra dei funghi. E di solito in paese c'è un grande via vai di persone.
Mi sento entusiasta e speranzosa come sempre, come al solito prima di un possibile futuro incontro.
Però troppe volte ho ricevuto schiaffi dalla realtà.
Delusione dopo delusione come continue multe per eccesso di speranza e di aspettative.
Come mai le persone non sono mai come vorrei?
Cerco di scrollarmi di dosso questi pensieri. A volte penso che il telefono mi abbia intristita. Lo uso molto di meno, ma ora sono certa che mi abbia intrappolata in un tunnel pieno di rimedi istantanei e troppa seretonina a disposizione.
La dose fa il veleno, anche essere sempre contenti senza un momento di riflessione o anche di semplice tranquillità senza stimoli, può far impazzire.
La luce elettrica della mia bicicletta comincia ad accendersi mentre pedalo. Adoro questo momento perché sembra una perla dorata nel mio cestino che illumina dolcemente il mio cammino come una lanterna.
Mentre pochi centimetri fuori il suo alone rimane il buio.
Ho sempre avuto paura dell'oscurità, ma a volte mi fa sentire protetta e avvolta.
Soprattutto quando c'è una piccolo angolo di calore che contrasta.
In effetti anche il troppo sole mi disturba.
Forse c'è davvero bisogno di equilibrio nell'universo, un alternarsi di essenze diverse per mantenere la vita profonda e allo stesso tempo leggera.
Le contradizioni e gli opposti si incastrano alla perfezione cone lo ying e lo yang.
Come gli Smores.
Siamo arrivati in piazza.
Le persone sono chiassose e sembrano divertirsi.
C'è anche un palco in cui dei cantanti accompagnati musicalmente stanno già esibendosi.
La piccola osteria che si affaccia proprio davanti è piena di persone. Per lo più turisti e famiglie locali.
Nonostante l'aria sia frizzante e promettente, la paura mi strilla di tornare a casa.
Che poi in realtà non ha tutti i torti.
E già mi mancano i miei batuffoli.
È pieno di festoni e stand del cibo. Sento molti profumi ben distinti e un caos che mi arriva alle orecchie lasciandomi una sensazione di svenimento alla testa.
<<Prendiamoci qualcosa da mangiare. Io mi metto in fila voi scegliete.>>
Dice papà. Così proseguiamo fino agli stands.
<<Avete qualche cosa preparata con verdure o frutta? O anche della pizza ai funghi? Mia figlia è vegetariana. Grazie>>
Spiega mia mamma ai camerieri. Non so perché ogni volta ho paura che la gente penserà male di me, o che addirittura mia mamma lo dica per far sì che succeda, come se mi prendesse lei in giro. Ma in realtà so perché: la mia paura è solamente un ricordo che cerca di puntare il dito alla mia famiglia nel mio presente, ma non c'entrano davvero niente.
<<Grazie mamma, che ci pensi sempre>>
<<Prego Rosetta. Ci ho riflettuto e hai fatto bene!! Ti fa benissimo mangiare più verdure, e anche io se potessi farei come te. E poi così mi fai riscoprire vecchie ricette che volevo da sempre fare ma che non avevo mai avuto il tempo per realizzarle. O forse era solo una scusa>>
Mi guarda sincera nello sguardo.
<<Adesso mi hai dato tu la scusa per riprendere in mano piccoli progetti che non osare più toccare. Forse mi sono un pò adattata alla tristezza. Sai bene perché.>>
I suoi occhi si impreziosiscono di gemme di acqua. Si fa vedere sempre così forte, soprattutto con me. Vuole far vedere al mondo e a volte anche a noi che è diventata da sola di ferro o di ghiaccio. E' l'unico codice di sopravvivenza possibile con risultati certi di successo che conosce per andare avanti.
All'improvviso ho una rivelazione.
Ho capito perché dà pochi abbracci. Mi dice sempre che non ci sono mai state molte persone vicino a lei, specialmente nei suoi primi anni di vita, la parte più delicata di una persona.
Non ha ricevuto le giuste dosi d'amore. Q.b per non sentirsi sempre sola, indaffarata a mantenersi salda e a non crollare in mille pezzi.
<<Sono felice mamma. Ti dico sempre che anche tu hai bisogno di una strada, qualcosa che ti rende soddisfatta e contenta oltre a noi.>>
<<Sono felice che sei nata così buona. Io non credo di esserlo così tanto. E soprattutto sono felice che sei nata così felice. Anche se hai passato anche tu il tuo periodo orribile e buio. Non te lo dico spesso ma sei rara. Proprio come quel video che ti ho mandato: sei un girasole in un capo di rose, anche se ti chiami Rosa. Non devi più lasciare che le persone ti facciano sentire diversa, perché la tua rarità stai proprio lì, nel fatto che sei l'unica che vuole essere davvero sé stessa>>
<<Invece lo sei mamma. e voglio aiutarti di più a farti vedere che sei amata e che puoi essere felice.>>
<<Non ci credo molto per me Rosetta, ma per te sì>>
<<No anche per te. Ami tanto cucinare. Ti fa stare bene e anche a noi e a me. Dovresti diventare cuoca.>>
Vedo il suo viso guardare altrove. Come se fosse persa nel vedere una vita che non ha mai potuto avere. Mi piace immaginarla guardarsi a sé stessa che cucina a livello professionale per poi ritornare a casa da noi che cerchiamo di cucinarle qualcosa così non si stanca troppo. E vederla finalmente felice circondata dalle luci di casa nostra che le riempiono i sorrisi di più oro. La vedo accarezzare i nostri batuffoli e dare un bacio a papà che riconoscendo i suoi bisogni, ha trovato un qualcosa in comune da fare insieme ogni giorno così da non farla sentire sola la mattina: metterle i Dire Straits che suonano dal vinile al piano di sotto e ballare con lei fino al momento della colazione.
"Invece ti ha mancato di rispetto Rosa. Non ti vuole bene. Non ti ama veramente. Ti vuole fare del male"
Cosa è appena successo? Ho avuto un altro brutto pensiero. Più che pensiero è La voce.
La voce mi perseguita da anni. Mi manipola.
<<Però la prossima volta non dirlo a tutti che sono vegetariana. Sembra che vuoi che gli altri mi prendano in giro a posta.>>
<<Rosa ma che dici? Stai scherzando?>>
"Tua mamma sta ridendo. Si sta prendendo gioco di te. Ti odia"
<<Tu mi stai prendendo in giro. Mi odi.>>
<<Rosa adesso stai esagerando. Non è così. Smettila immediatamente.>>
<<No! Smettila tu!!!!!>>
<<Cosa sta succedendo?!!>>
Vedo gli occhi di mio padre incurvarsi. È arrabbiato.
"Ti ha sempre odiato anche lui. Ti odia perché rovini il suo rapporto con tua mamma. Sei solo un ostacolo tra di loro. Era meglio che non nascevi"
Sento gli occhi pieni di lacrime minacciose di uscire e tagliarmi le guance con violenza.
<<Anche tu mi hai sempre odiata! Pensi anche tu che sono ridicola che mangio solo verdure o che mi vengono sempre nuovi modi di vivere strani e inutili. Che sono stupida e odiosa perché ho troppe emozioni!!>>
<<Rosa. Non è così. È tutto nella tua testa!!>>
<<Non dire che è tutto nella mia testa!! Sei un manipolatore!! Sei uno psicopatico!!>>
Mio padre si avvicina e mi prende le braccia. Probabilmente ha capito che sono uno tsunami in un corpo che non può resistere. Ignara dello schifo che sto facendo. Che quella voce sta facendo attraverso di me. E che non riesco a smettere di permettergli. Perché prende le mie paure e le rigira come frittate: spinge sulle mie insicurezze trasformandole in verità e girando le mie certezze mostrandomele come mie illusioni per non farle più reggere in piedi.
Mi viene da vomitare.
Mio padre comincia ad urlare e ci spostiamo per non farci sentire dalla gente. Entriamo in un vicolo dove non c'è nessuno.
<<Melissa non ci posso credere!! Non capisce!! Mi sta facendo imbestialire!! Come può pensare che non le vogliamo bene??!!!! Non è stupida ma è stupida quando fa così!! Cosa le prende?!!!!!!>>
Tira un pugno sul muro.
<<Cosa fai!!!!!!!!!!>>
Esclama con un urletto spezzato mia mamma. Come se quello fosse stato il suono del suo cuore che si frantumava.
Mi sento ancora più arrabbiata, come se avessi una puntina di veleno nella gola che mi porta sempre più a fondo. Mentre nello stomaco sento un macigno.
Non riesco più a parlare.
<<Rosa. Smettila. Lui ha sbagliato, ma anche tu. Tu non sei così. Ritorna come sei>>
Ho bisogno di non parlare. Sento il peso delle parole velenose che gli ho appena scaraventato contro e che mi ha lanciato anche lui nella mia bocca e nella mia testa.
In questo momento le voci in testa ridono contente di aver confermato qualcosa che in realtà non è come sembra.
E la cosa peggiore è che giorni fa urlando a mio padre ho spaventato i miei batuffolini.
"Rovini sempre tutto!!"
La voce ha parlato. Forse rovino davvero sempre tutto.
<<Mi dispiace. È meglio se ritorno a casa. Ho rovinato tutto. >>
<<Non sei tu. È quella cosa in testa che hai.>>
"Ora non ti vogliono più bene neanche loro. È meglio che te ne vai"
<<Voglio andarmene...Anche se vorrei rimanere.>>
<<Andiamo a mangiare e basta. E poi ritorniamo a casa.>>
<<Non ci posso credere che è andata così!!>>
Esclama mio padre, con il tono di voce più basso, ma infastidito. Mia madre invece è ferma nelle parole. Anche se dice che il mondo ha bisogno di gentilezza come complimento nei miei confronti, a volte, quando mi vede spezzata, dice che ho bisogno di più di punti saldi, di agire per non crollare ancora di più.
Una sorta di colla pattex, un kintsugi di oro massiccio.
<<È andata così. Accettalo. Non è ancora del tutto guarita. Anche noi non stiamo bene. Ritorniamo a casa dopo e basta. Ora calmatevi e mangiamoci questa pizza. Il cibo fa sempre bene a far ripartire gli ingranaggi dei neuroni.>>
"Ti prende in giro"
"Stai zitta voce!! Stai zitta!! Non è la verità!! Menti ed io gli voglio bene. Lei mi vuole bene e tutti loro mi vogliono bene e gliene voglio anche io!!"
Mi sono stufata di questa voce. È lei che rovina tutto e adesso lo sto cominciando sempre di più a capire.
Perché ce l'ho? Sto capendo anche questo.
Non voglio più che la voce si sostituisca a me. I miei genitori sono infuriati con lei, non con me. E' lei la stronza! Non io!!
Non è mia. Non mi appartiene. Sta nel mio cervello come dei pidocchi nei capelli. Come un raffreddore nel corpo.
Non avrei mai pensato che nella vita avrei avuto questo dolore. Un dolore così forte che mi fa sentire posseduta da un entità cattiva.
Che tra l'altro nessuno capisce.
Che nessuno crede che possa esistere.
È una febbre nella mia mente da cui non riesco ancora a guarire del tutto.
La cosa più brutta è che a volte i miei genitori mi associano con le conseguenze che questa voce mi fa sembrare di essere. Confido che sanno che io non sono questa voce.
Almeno ora io so di non esserlo.
Sono tutt'altro, sono la luce che continuo a mantenere dentro di me nonostante il caos e le accuse della voce della paura.
Sono stanca e non riesco a parlare.
Le lacrime sono scese violente come del sangue da una ferita ancora aperta.
La voce è la ferita aperta.
E' lei che deve andarsene.
*
Mangiamo. L'umore non si è ristabilito ma ogni tanto i miei ridono. All'improvviso noto qualcosa nei miei pantaloni vicino al ginocchio. Cos'è questa cosa morbida?
Metto una mano nei miei pantaloni e trovo delle mutande che forse avevo lasciato lì senza essermene accorta.
"Proprio come quando eri piccola e i bulli a scuola ti avevano presa in giro con cattiveria per tutta l'ora. Perché eri ridicola, stupida e strana. Come può qualcuno avere delle mutande in mano? Sei schifosa. Sei pazza. Hai dei problemi. Sei pericolosa."
Prendo la mutanda dai pantaloni.
<<L'avevo dimenticata.>>
Dico sul punto di spezzarmi nuovamente. Guardo i lati agli angoli della bocca di mamma e li vedo muoversi all'insù.
<<Non fa nulla. Capita.>>
Si mette a sorridere. Ma non con cattiveria, con stanchezza, per gioco. Come quando magari lei dice una cosa buffa e se ne rende conto esplodendo in delle risate stanche ma felici.
Anche mio padre scoppia a ridere.
<<Ma pensa te!! Dai su mangiamo.>>
Mio padre comincia anche lui a sbellicarsi. Non curandosi del mio errore. Perché non è nulla di che.
Anche a me si incurvano i lati delle mie labbra.
Mi viene da ridere con leggerezza.
Sento quel macigno sollevarsi e sparire dal mio stomaco.
Ritorno a sentire la capacità di ritornare a respirare in maniera fresca e spontanea nei miei polmoni.
E tutta questa polvere si scrolla dalle mie spalle come se non fosse mai stata pesante.
<<Grazie.>>
Dico con gli occhi lucidi e stropicciati dal mostro di prima.
<<Adesso non parlare. Mangia e basta. E poi torniamo a casa.>>
Faccio sì con la testa e mangio.
La pizza è morbida e succosa. La mozzarella è perfetta con il sugo di pomodori e mi sento più calma e felice.
È davvero tutto passato dentro di me come quando c'è un temporale e poi il cielo ritorna luminoso libero e pieno di arcobaleni?
"Brava Rosetta"
Questa è la mia voce buona. Quella che sto riducendo giorno dopo giorno. Quella che sarei io e mi aiuta quando mi sento confusa.
Perché non poteva aiutarmi quando c'era quella cattiva? Per non farla vincere?
E la cosa peggiore è, perché devo ancora avere i bulli e il mio ex nella mente che mi manipolano e rovinano la vita?
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